IL MIO QUINTO ANNO DA FREELANCE

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Sono trascorsi ormai cinque anni, da quando, nel lontano 2016, in giorni simili a questi, stavo attraversando una vera e propria “spaccatura di vita”, tipica di quei periodi che segnano la fine di una fase per farne nascerne un’altra.

 

Erano momenti come questi, infatti, quando stavo comprando la mia attuale casa, quella in cui vivo ora, ma soprattutto furono i giorni in cui capii che era ora di mettersi in proprio. La mia partita iva è stata aperta il 2 gennaio, verso le 9 della mattina… e probabilmente fu la prima aperta a Verona nel 2017.

 

Non avevo la più pallida idea di cosa sarebbe successo.

 

Da allora sono passati cinque anni e di cose ne sono successe (e tante). Il mio stesso lavoro si è modellato attraverso il tempo e le persone/occasioni incontrate.

Ricordo il salto nel buio dei primi mesi, quella paura di non sapere se si sta facendo la cosa giusta oppure no: l’incertezza…

Ore e ore a cercare dei confronti su internet per capire cosa stavano facendo gli altri e se si era più o meno allineati…

 

Il fatturato del primo anno… che angoscia. Un mix di imbarazzo e tristezza.

 

Penso alla me di 5 anni fa e, presa da una sorta di tenerezza, sorrido di tutto ciò. Ma ripenso anche alle parole di Steve Jobs quando diceva: “non puoi unire i puntini guardando al futuro, puoi connetterli in un disegno, solo se guardi al passato.”

 

E così, in occasione di ogni fine anno, ho scritto nel mio blog un articolo dedicato a quello che avevo imparato in quell’anno appena trascorso (trovi i link in fondo a questo articolo), perché non esiste un periodo che sia uguale a sé stesso, ma tutto è in movimento, in cambiamento continuo.

 

C’è tuttavia da sottolineare che il quinto anno rappresenta una meta importante per un’impresa: la fine della fase da start-up.

 

Detto questo mi chiedo: che cosa ho imparato in questi 5 anni? Quali sono le lezioni apprese che condividerei con la me del 2016 che aspettava il 2 di gennaio per correre all’agenzia delle entrate?

 

Eccole:

 

1. Non è tutto oro quello che luccica.

Errore fatto soprattutto nei primi anni, mentre cercavo conferme rispetto a quello che facevo guardando i risultati di chi già era “arrivato”. E cosa trovavo? Professionisti che sventolavano fatturati a tre cifre, mentre lavoravano da qualche isola caraibica*. Io invece mi ammazzavo di lavoro davanti a un pc, con le gambe intorpidite dalla fatica, per una manciata di noccioline. Risultato? Io che mi spaccavo la testa per capire dove sbagliavo, cosa non andava nel mio business.

Tuttavia con il trascorrere del tempo e confrontandomi con altri, persone reali, è emerso che tutto sommato il mio lavoro procedeva ed anche meglio di quello che credevo. Poi si sa, il karma fa tornare tutto e, a dimostrazione di ciò, è emersa la verità rispetto a una di queste guru da “3 cifre”… e ho avuto la conferma che è proprio vero, non è tutto oro quello che luccica.

Lezione: impara a misurare il successo in base al tuo metro e merito. Parti da te, dal tuo valore e dai tuoi reali obiettivi! E mentre sei in marcia fermati ogni tanto per capire se sei sulla strada giusta: se la tua nuova te è migliorata rispetto a come era partita, perché quasi sicuramente ci sei!

 

 

2. Sii un planner seriale.

Nessuno come il freelance sa che il rapporto tempo/lavoro è drammatico! Infatti ci possono volere anche anni prima di capire che serve una gestione ottimale del tempo e questa consapevolezza spesso viene acquisita dopo un bornout (ossia, uscire fuori di capa).

L’avvio stesso di una attività richiede molto tempo, inoltre spesso ci convinciamo che “più lavoriamo meglio è”.

Ecco, segnati bene quest’ultima frase perché è l’inizio della fine. Fare giornate da 10 ore minimo, 6-7 giorni alla settimana, lavorare anche durante le vacanze e vivere sempre con il cellulare in mano vi farà solo esaurire, invece che lavorare in maniera ottimale.

Questa lezione l’ho capita al terzo anno (con calma…) quando mi hanno operata d’urgenza e le priorità della vita si sono ribaltate, donandomi una nuova visione.

Lezione: programma il tuo tempo. Concentrati, sii super produttivo e attento negli slot che gli dedichi. Per il resto stacca la spina. Ti assicuro che si può fare.

 

 

3. Impara ad essere un imprenditore.

Non ce n’è banane… stiamo cambiando status.

Non siamo più né un dipendente, né uno studente.

Te ne accorgi subito… dall’imparare a fare una fattura, dall’apprendere che i clienti non piovono dal cielo, fino alle tasse, maledette tasse.

E così ti accorgi che fare un preventivo non è la stessa cosa che scrivere sul cv “quasi madrelingua inglese”*: qui infatti la faccia è la tua e devi garantire nel concreto per quello che hai promesso su carta, altrimenti si paga e anche salato.

Il modo in cui ci si presenta, la puntualità, l’interazione con il cliente e i suoi dipendenti, gli strumenti che utilizzi… Capisci che devi imparare una nuova lingua: quella dell’imprenditore. Una lingua fatta, anche e soprattutto, di professionalità.

Lezione: devi per forza cambiare per adattarti al tuo nuovo contesto e come già sappiamo, solo coloro che meglio si adattano, sopravvivono. Il vantaggio? La maggior parte delle cose le apprenderai facendole e sarà un cambiamento progressivo e naturale.

 

 

4. Non si arriva mai.

Se nel mondo del lavoro dipendente si può puntare ad una sorta di traguardo (tempo indeterminato? ruolo specifico? un determinato stipendio?) con il lavoro da freelance non si arriva mai!

Certo, ci sono dei periodi di tregua in cui si consolidano i nuovi progressi, ma a causa della natura mutevole della partita iva si è portati a cambiare e a puntare più in alto e/o a nuove opportunità.

Aggiungo per esperienza personale, che questa volontà mirata al progressivo miglioramento è una caratteristica di chi apre la partita iva: non è per tutti.

Lezione: poniti degli obiettivi, ma con la consapevolezza che è necessario guardare il cammino percorso nel lungo periodo, piuttosto che concentrarsi sui singoli obiettivi raggiunti.

 

 

5. Equilibrio mentale

Essere un freelance significa ogni giorno affrontare delle scelte. E certo non del tipo: oggi metto le calze rosse o quelle blu per andare in ufficio?

Parlo di scelte che a volte implicano grandi responsabilità, che possono troncarti il lavoro o farti fare il famigerato “buco”. Insomma quelle scelte che non fanno dormire alla notte.

In questa cinque anni ho vissuto su delle montagne russe emotive.

Dalla gioia per i nuovi progetti o la soddisfazione per dei feedback positivi, a sentimenti di frustrazione, impotenza, stress, rabbia…

Una vita bipolare: da un “ma chi me lo ha fatto fare” a un “grazie Signore grazie per avermi fatto fare questa scelta”.

Ma c’è da dire che chi decide di essere un freelance ha qualcosa dentro che lo distingue. Io l’ho ritrovato nelle parole di di Emily Brontë “Solo gli inquieti sanno com’è difficile sopravvivere alla tempesta e non poter vivere senza” .

Lezione: aforismi a parte, devi prenderti cura del tuo benessere psicologico! Se non lo fai tu, non lo farà nessun altro. Fermati quando ne hai bisogno e non aver paura di rivolgerti ad uno psicologo, o, ancora meglio, vai a farti una bevuta con un collega che capisca quello che stai vivendo e ti possa supportare.

 

 

Arriviamo a una prima conclusione rispetto a questi cinque anni.

Cinque anni fa ho scelto di investire su me stessa e forse è stata una delle scelte più azzeccate che abbia fatto nella mia vita.

Con il quinto anno chiudo con un fatturato che è centrato per quanto concerne i miei obiettivi; sempre a 2 cifre e senza isola caraibica, ma perfetto per me.

Ho rapporti continuativi con alcuni clienti che mi danno davvero tanta soddisfazione (se mi state leggendo, vi lovvo).

Finalmente ho imparato a gestire il tempo e devo dire che è una figata.

 

Detto questo, devo anche ammettere che non è stata una passeggiata: infatti questa esperienza mi ha dato tanto, ma tanto mi ha anche tolto.

Ho dovuto affrontare due operazioni in questi cinque anni e l’ho fatto senza disporre di alcuna forma di tutela: cosa che sarebbe difficile da spiegare a chiunque sia abituato al mondo del lavoro dipendente.

C’è anche da dire che, purtroppo, i clienti non sono tutti uguali: infatti in un paio di occasioni ho dovuto troncare dei rapporti “tossici”, che mi consumavano dentro e non mi lasciavano tempo per vivere.

Il fatturato… la ricerca dei clienti… la solitudine di certi giorni…

 

Detto questo credo che ad un certo punto ognuno debba tirare le proprie somme.

 

Per quel che riguarda me ho capito che se alla fine si è diventati una persona migliore, se quello che facciamo produce del bene sia a noi che agli altri, allora ogni difficoltà è superabile.

 

 

 “Dovete quindi avere fiducia nel fatto che i puntini si connetteranno, in qualche modo, nel vostro futuro. Dovete avere fede in qualcosa – il vostro intuito, il destino, la vita, il karma, quello che sia. Questo approccio non mi ha mai deluso e ha fatto tutta la differenza nella mia vita.”

Steve Jobs

 

* Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale…più o meno…

 

 

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E tu a che punto sei nella tua attività? Vuoi raccontarci la tua storia?

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